lunedì 15 gennaio 2018

Gli utilizzatori degli aromi artificiali

Data la sempre più ampia libertà di accesso all'informazione, oggi è molto più complesso abbozzare una suddivisione degli "utilizzatori" e quindi, in questo caso, dei consumatori degli aromi artificiali.

Quando ci fu il boom iniziale, intorno alla metà del XIX secolo, vi era in generale una grande fiducia nei confronti dei progressi tecnologici e della scienza ( ivi compresi quelli dell'industria chimica): come accennato, sono questi gli anni delle grandi esposizioni, in occasione delle quali le  potenze mondiali gareggiavano nello sfoggiare tutto il meglio di questo progredire. Di conseguenza tutti, senza distinzione di sesso, età o classe sociale, si cimentarono nella degustazione di caramelle, biscotti e altri alimenti dai nuovi straordinari sapori. Ecco che si potrebbe quindi parlare di una serie di primi utilizzatori entusiasti, sentimento scaturito non soltanto grazie alle novità apportate da queste scoperte, ma anche per l'estrema varietà di sapori e quindi la maggiore opportunità di scelta garantita dalle aziende dell'industria alimentare.





Ovviamente i dubbi e le controversie su queste nuove miracolose sostanze non tardarono ad arrivare, tant'è che già agli inizi del XX secolo cominciò a manifestarsi una prima svolta contro-culturale, accompagnata da dubbi e proteste di gruppi di consumatori scettici.
Nonostante ciò, data anche la scarsa informazione a riguardo, dalla metà del secolo gli additivi aromatici e la chimica del sapore tornarono comunque ad essere molto popolari, ed è in questi anni che i supermercati si saturarono di snack e dolciumi di ogni tipo.

La situazione odierna invece è più complessa. Se da un lato è piuttosto consistente il numero di coloro che, consapevolmente o meno, ignorano il contenuto di sostanze chimiche negli alimenti, dall'altro invece cresce sempre più il numero di utilizzatori coscienti.





Questo perchè, nel XXI secolo le ansie riguardanti la salute e la relazione con il cibo sono aumentate di molto. Con queste è incrementato anche il numero delle pretese: un alimento deve essere buono - per noi e per l'ambiente -  conveniente ma anche saporito e genuino.
Per tanti ciò significa acquistare alimenti che si definiscono "naturali" e che pubblicizzino la loro libertà dalle "tossine" artificiali e dai pericoli morali tecnologici (come gli OGM) : un esempio è dato dal recente annuncio di General Mills che ha rimosso tutti i sapori e i colori artificiali dai suoi cereali entro il 2017, ovviamente anche per attirare la fiducia e l'interesse di questo genere di consumatori.

Questa maggiore consapevolezza è comunque confermata da una serie di indagini, fra cui si può citare la ricerca di Nielsen "Global Health and Ingredient-Sentiment" che ha evidenziato le abitudini e le preferenze alimentari di oltre 60 Paesi del mondo; secondo quanto studiato, :

"In questi ultimi anni si sta osservando un cambio di mentalità dei consumatori a livello globale che vedono il cibo come fonte di benessere e si approcciano alla propria alimentazione in modo più selettivo, con una crescita d'interesse verso i prodotti salutistici...Cresce l'attenzione per gli alimenti e le bevande che mettono sulla propria tavola e, in particolare, per gli ingredienti presenti nei cibi che consumano quotidianamente: il 67% degli italiani si dichiara preoccupato dell'impatto a lungo termine che gli ingredienti artificiali potrebbero avere sulla salute della persona, il 53% sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto per alimenti e bevande che non contengono ingredienti indesiderati, ma solo il 37% sarebbe disposto a sacrificare il gusto per un cibo più salutare...Il fenomeno salutistico che ha preso piede negli ultimi anni non è però circoscritto solo alle diete e alle necessità legate a particolari patologie. Dallo studio è emerso che oltre la metà degli italiani ha dichiarato di evitare volontariamente l'assunzione di determinati ingredienti con la propria alimentazione, tra cui: antibiotici e ormoni in prodotti animali (66%), coloranti artificiali (65%), conservanti artificiali (62%), OGM (60%) e aromi artificiali (59%). Ne consegue quindi un atteggiamento più attento alle singole componenti presenti nei prodotti alimentari acquistati, con il 71% degli italiani che tende a privilegiare quei produttori e/o distributori che applicano canoni di massima trasparenza su origine e modalità di produzione dei propri prodotti."




Di conseguenza, riassumendo, le categorie principali di utilizzatori potrebbero essere definite così:

- Consumatori consapevoli e attivi, che conoscono realmente il contenuto e le conseguenze del consumo di certi prodotti, privilegiando così le aziende che portano avanti ideali di rispetto per l'ambiente e la salute dell'uomo.

- Consumatori passivi; tra questi, oltre a coloro che coscientemente decidono di non indagare il problema, vi sono quelli che sono vittima del cosiddetto "Green Marketing": molte aziende, pur di vendere e attirare l'attenzione degli acquirenti in cerca di una migliore qualità degli alimenti ( numero crescente in Italia, come già riportato), sono disposte sempre più a spacciare ingiustamente i loro prodotti per "verdi".

Tracciare una linea netta tra "naturale" e "artificiale" non è mai stato facile, perché spesso diventa più una distinzione culturale che reale, inoltre limitarsi a leggere le etichette non basta a scagionare il problema: il solo fatto che questa riporti la dicitura "aroma naturale" non è sufficiente ad indicare una minore tossicità del prodotto. In questo senso il problema più grande risiede ancora nella superficialità di normative e restrizioni e nella scarsità di controlli da parte degli enti incaricati.

Fonti:
http://nadiaberenstein.com/blog/
http://www.nielsen.com








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